In questi giorni abbiamo avuto modo di leggere le memorie difensive, prima di Ilva in A.S. e poi di Arcelor Mittal, oltre che alcune indiscrezioni giornalistiche che non hanno sicuramente rassicurato i lavoratori di ex Ilva. L’assenza e il silenzio del governo in queste giornate di assoluta confusione e di continue fughe di notizie, alcune anche molto fantasiose, sta di fatto determinando un caos generale tra i lavoratori, i quali attendono inesorabilmente risposte certe per il futuro ambientale e occupazionale di un sito ritenuto strategico per il nostro Paese.
A pochi giorni dall’udienza del 7 febbraio sembra non esserci un accordo tra le parti e la trattativa sembra top secret, soprattutto per le organizzazioni sindacali che, ad oggi, non hanno ricevuto nessuna convocazione da parte del governo. Cosa accadrà prima o dopo il 7 di febbraio? Questa è la domanda ricorrente tra i lavoratori che si rivolgono alle loro rappresentanze sindacali. Una domanda a cui non sappiamo dare risposte in quanto il sindacato è stato estromesso dalla trattativa, salvo poi rientrare qualora si dovesse trovare un accordo quadro tra le parti interessate. Insomma, la vertenza ex ilva sembra non avere mai fine. Ci sono ancora molti nodi da sciogliere sia per il futuro del piano ambientale che per quello industriale, ma soprattutto bisognerebbe dare risposte ai lavoratori sul presente e sulle cose da fare nell’immediato in attesa che si concluda la trattativa tra Arcelor Mittal e il Governo. Bisogna necessariamente lavorare ad un piano straordinario di interventi sugli impianti e riprendere con scadenze ben precise la manutenzione ordinaria e straordinaria e riattivare quanto previsto dal piano industriale in merito al Tna/1 , ERW e Pla/2 attraverso l’arrivo di bramme provenienti da altri stabilimenti. Infatti, per il 2020 erano previste 2 milioni e 200 mila tonnellate di bramme. Nel frattempo, nella tarda serata del 4 febbraio, abbiamo appreso alcune dichiarazioni del Presidente del Consiglio in merito al piano occupazionale e industriale che ci lasciano molto perplessi. Nello specifico, in un passaggio, dopo aver incontrato i vertici di Arcelor Mittal, il Premier Conte ha sostenuto: “preservare il livello occupazionale adeguato, elevato, per noi è fondamentale”. Siamo passati, difatti, dalla “piena occupazione” ad “adeguati livelli occupazionali” che tanto ci ricorda quanto contenuto all’interno del decreto e del bando di vendita di ilva. Sia chiaro al Governo che il sindacato non sarà il notificatore di accordi già presi che potrebbero ancora una volta aggravare sugli stessi lavoratori che in questi anni hanno pagato pesantemente questo lungo periodo di incertezza.
Infine, ricordiamo che il decreto Taranto non può essere slegato dal futuro della fabbrica e deve necessariamente garantire prospettive di alternative alla monocultura dell’acciaio senza perdere un solo posto di lavoro. Per la Fiom Cgil bisogna partire dall’accordo del 6 settembre che prevede la clausola di salvaguardia occupazionale anche per i lavoratori di ilva in AS. La Fiom non è il sindacato che disdetta accordi ma al contrario li rivendica affinché vengano rispettati e applicati.
È finito il tempo degli slogan: il Governo convochi immediatamente le organizzazioni sindacali e garantisca un futuro di piena occupazione e di risanamento ambientale attraverso un cambio radicale dell’attuale processo produttivo.