Home Acciaierie d'Italia Ex Ilva. Una vertenza senza fine

Ex Ilva. Una vertenza senza fine

by Fiom Taranto

La data del 31 maggio avrebbe dovuto rappresentare la fine di una fase di instabilità dal punto di vista occupazionale, ambientale e produttivo di un sito d’interesse strategico per il Paese con l’ingresso del pubblico al 60% nel capitale sociale di Acciaierie d’Italia, invece, si è trasformata in un ennesimo accordo tra le parti che ha ulteriormente rinviato i futuri assetti societari e il processo di transizione ecologica.

Infatti, Arcelor Mittal, attraverso il suo amministratore delegato, e il governo hanno annunciato con un certo impeto la proroga del contratto di affitto di due anni per la multinazionale che continuerà a produrre e gestire lo stabilimento siderurgico senza una chiara mission.

È utile ricordare che solo con il raggiungimento degli obiettivi previsti nel contratto del dicembre 2020, rivisitato nel marzo 2021, ovvero il completamento delle tre clausole sospensive che prevedono l’elaborazione di un nuovo piano ambientale, un accordo con le organizzazioni sindacali ed il dissequestro degli impianti, avrebbe aperto a nuovi scenari sia sui futuri assetti societari che sul processo di transizione ecologica.

Pertanto, il rinvio di due anni è un chiara ed ulteriore debacle della politica che, di governo in governo, si è rimpallata la responsabilità sulle non scelte di politiche ambientali ed industriali, in particolar modo per Taranto e per il mezzogiorno che, in assenza di interventi strutturali, rischiano di continuare nel lento declino verso la desertificazione del tessuto produttivo ed industriale.

È del tutto evidente che il mancato dissequestro degli impianti mostra il totale fallimento del governo, impegnato in questi mesi ad annunciare fantomatiche riprese produttive evitando di fatto un confronto con la Fiom Cgil e le altre organizzazioni sindacali che da tempo lanciano segnali di allarme per la situazione in cui versa lo stabilimento siderurgico.

Inoltre, credo sia doveroso riflettere sulle motivazioni della Corte di Assise di Taranto in merito al rigetto dell’istanza di dissequestro presentata dai Commissari Straordinari di Ilva in AS in data 30.03.2022 in cui si evincono delle criticità che il governo deve necessariamente affrontare al fine di evitare che passino ulteriori due anni con un nulla di fatto. Tali motivazioni devono obbligatoriamente aprire ad un confronto, il più ampio possibile, tra sindacati, istituzioni locali, ASL Taranto, Arpa Puglia e i ministeri interessati dalla vertenza per programmare un accelerazione sul processo di transizione ecologica, in quanto, appare del tutto evidente che anche in caso di realizzazione di tutte le prescrizioni previste dall’autorizzazione integrata ambientale, entro il prossimo 23 agosto 2023, non vi è alcuna garanzia di successo del piano ambientale.

La questione ambientale deve essere messa al centro dell’agenda politica del governo e suddivisa in due momenti, la gestione attuale a quella futura, individuando le criticità in merito alle emissioni inquinanti emerse dalla relazione di Arpa Puglia, che necessita di un intervento nell’immediato, attraverso una pianificazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, e sul futuro con l’avvio di un riesame dell’autorizzazione integrata ambientale.

Il rischio concreto che tra due anni si possa tornare nella condizione in cui ci troviamo oggi, obbliga il governo a modificare il piano ambientale introducendo innovazioni tecnologiche che vadano a modificare l’attuale processo produttivo e applicando le linee guida per la valutazione di impatto Ambientale e Sanitario.

I prossimi due anni non possono trascorrere senza una programmazione dei futuri investimenti e interventi manutentivi, con un livello così alto di cassa integrazione che viene costantemente utilizzata per abbattere i costi, così come la vicenda drammatica in cui versa l’appalto che scarica ancora una volta sui lavoratori la scelta della multinazionale e Confindustria Taranto di prorogare le scadenze dei pagamenti a 180 giorni procurando gravi disagi sul pagamento degli stipendi.

Il piano nazionale di ripresa e resilienza non deve essere l’ennesima occasione persa per il mezzogiorno e la politica, tutta, dovrebbe spingere verso un processo di transizione ecologica che trasformi le situazioni di criticità, così come la vertenza ex ilva, in un’occasione per rilanciare una nuova idea di sviluppo.

Taranto e i lavoratori non possono attendere ulteriori due anni per innovare il processo produttivo e non possiamo pensare che l’applicazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale possa essere un “ passepartout” per il dissequestro perché non sarà un procedimento automatico e soprattutto in assenza di un nuovo modello produttivo rischieremmo di perdere un appuntamento importante con il PNNR.

Non possiamo permettercelo, bisogna agire subito e la Fiom unitamente alle altre organizzazioni sindacali non rimarrà a guardare l’ennesima occasione mancata per Taranto e i lavoratori.

La politica dei rinvii ha procurato una situazione non più sostenibile all’interno dello stabilimento siderurgico che richiede un focus sul piano industriale, ambientale oltre a temi mai risolti come l’utilizzo della cassa integrazione, la gestione degli impianti e degli investimenti sulla programmazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie.

Francesco Brigati
Segreteria Provinciale Fiom Cgil Taranto

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