La vertenza ex Ilva sembra non trovare mai una soluzione causando un aumento delle criticità all’interno dello stabilimento e della cassa integrazione e una assenza di investimenti necessari a garantire la risalita produttiva, la sicurezza sugli impianti ed un minor impatto ambientale.
Per quanto tempo ancora dobbiamo attendere risposte che traccino un percorso chiaro e condiviso con le parti sociali?
Sono trascorsi inesorabilmente 10 anni dal sequestro preventivo degli impianti ed ogni volta abbiamo visto cambiare i piani dei governi che si sono susseguiti sulla base di interventi d’urgenza, scaturiti da situazioni di criticità che lo stabilimento di Taranto ha vissuto in questi lunghi anni.
L’incapacità di scegliere, da parte di tutti i governi, ha portato ad una situazione non più sostenibile che rischia seriamente di implodere dal punto di vista sociale in assenza di certezze per i lavoratori di Acciaierie d’Italia, di Ilva in AS e dell’appalto. Neanche le risorse economiche previste dall’ultimo decreto, 680 milioni di euro, sono servite a dare risposte al blocco delle attività delle aziende dell’appalto, al contrario sono stati l’ennesimo elemento di diatriba con le organizzazioni sindacali che si attendevano un cambio di passo su investimenti necessari a garantire maggiore sicurezza sugli impianti ed un aumento della produzione di acciaio.
Nel contempo, senza ancora uno stralcio industriale, il Presidente di Acciaierie d’Italia Bernabè ha incontrato le istituzioni locali e regionali per presentare ufficialmente il progetto del DRI, nella fattispecie due impianti di preridotto con una capacità produttiva di 2 – 2,5 milioni di tonnellate che dovranno servire ad alimentare un forno elettrico che sarà installato nel perimetro di ADI.
Tuttavia, mentre da un lato si continuano a fare annunci, dall’altra parte si continua a vivere un presente sempre più incerto ed, infatti, non vi è nessun piano industriale, non è tanto meno chiaro quando si determineranno i nuovi assetti societari e soprattutto vi è un blocco quasi totale dei lavoratori delle ditte di appalto, i quali adesso pare abbiano anche sospeso i lavori previsti dal piano ambientale.
Inoltre, preoccupa la gestione del personale sempre poco chiara nell’utilizzo della cassa integrazione, utilizzata quest’ultima come bancomat dalla multinazionale per abbattere il costo del lavoro e che penalizza fortemente i lavoratori costretti ogni mese a ritrovarsi le ferie programmate convertite in cassa integrazione.
La Fiom Cgil, che nei mesi scorsi aveva denunciato tale irregolarità all’Ispettorato del Lavoro, presenterà un ulteriore esposto chiedendo di verificare quanto disposto dallo stesso ente ispettivo che chiedeva all’azienda di normalizzare la procedura di richiesta ferie e che, inevitabilmente, non ha prodotto nessun passo in avanti.
Pertanto, ritengo quasi incomprensibile discutere del futuro dell’ex Ilva se non vengono immediatamente affrontate le criticità dello stabilimento siderurgico, inclusa la programmazione del riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, le cui prescrizioni scadranno il prossimo 23 agosto 2023, e la discussione del piano industriale e occupazionale del gruppo di Acciaierie d’Italia.
Non può esserci una transizione ecologica se non vengono seriamente affrontate le questioni che riguardano l’attuale gestione degli impianti e gli investimenti per la risalita produttiva.
Taranto 12.02.2023
Segretario Generale Fiom Cgil Taranto
Francesco Brigati