In questa fase di incertezza e di paura per il rischio di un possibile contagio da SARS-CoV-2, è necessario analizzare anche la questione del lavoro, in particolare sia delle aziende e delle fabbriche che, per decreto, sono state ritenute essenziali sia delle fabbriche con impianti a ciclo continuo, come nel caso dello stabilimento siderurgico di Taranto.
Infatti, le aziende con impianti a ciclo continuo, così come previsto dal DPCM del 22 marzo art.1 comma 1 lettera G, hanno inviato una comunicazione al Prefetto nella quale precisavano tutte le motivazioni per le quali l’eventuale interruzione delle attività avrebbero potuto procurare un pregiudizio all’impianto stesso o a eventuali rischi di incidente rilevante.
In data 26 marzo viene, pertanto, notificato il decreto prefettizio con cui si stabilisce l’assetto impiantistico dello stabilimento ed il numero di dipendenti necessario per garantire la salvaguardia degli impianti e la sicurezza degli stessi lavoratori.
Nella fattispecie l’impiego giornaliero dei dipendenti è stato definito in un numero di 3500 diretti e di 2000 dell’appalto.
Ritengo sia doveroso stabilire due principi fondamentali per evitare inutili strumentalizzazioni e, soprattutto, per inquadrare ed affrontare le problematiche scaturite da scelte aziendali mirate a ridurre il personale, ma con un fine ben diverso da quello legato al contenimento del contagio da Sars-Cov-2.
In questi giorni vi è stata, infatti, un’inversione di tendenza da parte di Arcelor Mittal che, unilateralmente, ha deciso di diminuire i numeri del personale delle manutenzioni centrali, di produzione e delle postazioni tecnologiche determinando, di fatto, una situazione di disagio rispetto agli stessi turni di lavoro.
Inoltre, l’azienda ha chiaramente espresso la volontà di ridurre ulteriormente il numero del personale, anche al di sotto di 3000 unità. Tale scelta aziendale non si determina per ulteriori fermate di impianti, ma bensì da una inclinazione di Arcelor Mittal proiettata alla riduzione del costo del lavoro a scapito della sicurezza dei lavoratori e anche degli stessi impianti.
Il sindacato, in queste settimane, ha dovuto attenersi ai vari DPCM e decreti prefettizi che determinavo, di fatto, il proseguimento delle attività a ciclo continuo e si è confrontato con l’azienda per affrontare il problema del contenimento del coronavirus attraverso anche una riunione.
Il verbale di riunione, redatto lo scorso 16 marzo tra azienda e sindacati, prevede una serie di misure restrittive per gestire alcune criticità come gli assembramenti negli spogliatoi, nelle mense e nei pullman durante il trasporto del personale.
Ritengo, pertanto, che in questo particolare momento, al problema del contagio da Sars-CoV-2, si aggiunga anche quello della sicurezza dei lavoratori, della salvaguardia impiantistica e del futuro dello stabilimento siderurgico dal punto di vista occupazionale, industriale e ambientale.
Infatti, la riduzione del personale di manutenzione, con impianti che risultano essere in marcia, determina una condizione emergenziale tanto da garantire soltanto i pronti interventi e nessuna programmazione della manutenzione ordinaria e straordinaria che già di per sé presenta delle lacune più volte evidenziate dalla stessa Fiom Cgil.
Inoltre, in occasione dell’ultimo incontro con la Direzione di Arcelor Mittal, non abbiamo ricevuto rassicurazioni rispetto alla cosiddetta fase due, in cui dovremmo affrontare il tema della ripartenza e della convivenza con il virus, apportando ulteriori garanzie per i lavoratori necessarie a contenere il contagio.
Infine, è utile ricordare che siamo nel mezzo di un accordo sottoscritto da Arcelor Mittal e Ilva in As, in cui ci sono scadenze ben precise che subiranno indubbiamente dei ritardi e potranno avere delle ripercussioni sul futuro ambientale, occupazionale e industriale.
Mai come oggi è necessario che le istituzioni, la politica, il sindacato e la società programmino il futuro del Paese, sicuramente diverso rispetto agli ultimi anni, tracciando un percorso trasparente e di coinvolgimento di tutte le parti coinvolte.
Francesco Brigati
Fiom Cgil