Home Acciaierie d'Italia Nessuna vendita dell’ex Ilva senza ripresa produttiva e garanzia di un intervento pubblico

Nessuna vendita dell’ex Ilva senza ripresa produttiva e garanzia di un intervento pubblico

by Fiom Taranto

La complessa fase che attraversa lo stabilimento siderurgico di Taranto e di tutto il gruppo ADI, oggi in amministrazione straordinaria, è indubbiamente il risultato di una assenza di politiche industriali, di prospettive e di decisioni sbagliate prese dai vari governi che si sono susseguiti, determinate da interventi d’urgenza, attraverso decreti legge che erano finalizzati esclusivamente a garantire la continuità produttiva senza mai avviare una seria programmazione sul futuro della siderurgia e di Taranto.

Ad oggi, nonostante le rassicurazioni del Ministro Urso e del Governo Meloni, manca una vera mission che possa dare una prospettiva ambientale, occupazionale ed industriale per la siderurgia e la manifatturiera Italiana.

È del tutto evidente che per traguardare il futuro dell’ex Ilva bisogna necessariamente partire dal presente e dalle difficoltà degli stabilimenti del gruppo, i quali, senza investimenti per una ripartenza degli impianti, non possono essere attraenti verso i possibili investitori interessanti al gruppo ADI se non con la stessa logica distruttiva di Arcelor Mittal.

Il ruolo della gestione commissariale deve avere un obiettivo chiaro: mettere in sicurezza gli impianti, garantire la ripartenza degli altiforni e della laminazione a freddo e proseguire con il lavoro di risanamento ambientale. Evitando, pertanto, quanto avvenuto con la gestione Morselli che, nonostante il calo della produzione, ha registrato picchi di inquinanti come il benzene per l’assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria.

In questo contesto, ci sembra chiaro che l’avvio della procedura di cassa integrazione straordinaria non va nella direzione auspicata dalla Fiom Cgil sia per il numero complessivo dei lavoratori coinvolti dall’ammortizzatore sociale, troppo alto, sia per la mancanza di chiarezza sull’aumento della produzione, quest’ultima inevitabile alla ripartenza dell’area a freddo di Taranto fortemente penalizza dalla fermata produttiva.

Inoltre, nella stessa procedura di CIGS viene riportata una capacità produttiva giornaliera di circa 4 mila tonnellate che si attesterà a circa 8 mila con la ripartenza di AFO/2, prevista nel mese di settembre 2024, ben al di sotto di quanto prevedrebbe la marcia dei due altiforni che potrebbe garantire di raggiungere livelli produttivi di circa 10.500 tonnellate giornaliere.

Pertanto, il non raggiungimento dei livelli di produzione potenzialmente riconducibili alla marcia dei due AFO penalizzerebbe ancora una volta l’area a freddo di Taranto e il resto degli stabilimenti di ADI con un numero elevato di lavoratori in cassa integrazione.

Bisogna garantire la marcia degli impianti attraverso idonei investimenti sugli impianti e un numero adeguato di lavoratori delle manutenzioni e dell’appalto al fine di consentire una ripresa produttiva nel breve periodo. Ad oggi, al contrario di quanto riportato nella procedura dalla gestione commissariale, non è chiaro quale tra i due altiforni debba riprendere l’attività produttiva e, da quanto appreso in stabilimento, c’è il serio rischio che ciò possa avvenire non più a settembre ma bensì nella prima decade di ottobre 2024.

È necessario, quindi, avere un confronto di merito con la Direzione di produzione per conoscere nel dettaglio le scelte aziendali perché, senza la ripartenza degli impianti, la gestione commissariale e il governo non potranno fare scelte che vadano nella direzione di avviare il processo di vendita dell’ex Ilva.

Sarebbe una scelta scellerata da parte del Governo Meloni avviare, in questa fase così complicata, la vendita dell’ex Ilva che favorirebbe le multinazionali, che nei giorni scorsi hanno visitato lo stabilimento siderurgico di Taranto, e danneggerebbe i lavoratori e la città.

L’unica garanzia per consentire una transizione ecologica e un piano industriale ambizioso per la siderurgia italiana è l’intervento pubblico. Su questo tema il Ministro Urso sembra abbia dimenticato quanto dichiarato in occasione della visita in stabilimento quando ha parlato di intervento pubblico e di applicazione di una norma del golden power necessaria a porre dei divieti o prescrizioni per garantire il livello produttivo e gli investimenti. 

Bisogna evitare quanto avvenuto con la multinazionale franco indiana Arcelor Mittal e avere maggiori garanzie sia sui piani occupazionale e industriale che sulla transizione ecologica, per la quale verranno utilizzati soldi pubblici che inevitabilmente non possono essere gestiti dai privati. Nessuna vendita senza garanzia pubblica. 

Francesco Brigati
Segretario Generale Fiom Cgil Taranto

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