Una delegazione dell’UN Working Group on Business and Human Rights, istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha voluto incontrare i rappresentanti dei lavoratori della Fiom Cgil ex Ilva. L’incontro programmato per ieri si è tenuto nell’ambito della visita ufficiale in Italia effettuata dal 27 settembre al 6 ottobre con lo scopo di promuovere una condotta rispettosa dei diritti umani e dell’ambiente.
Dal 26 luglio del 2012, giornata del sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, nulla è cambiato: questa è la prima cosa che abbiamo evidenziato come Fiom Cgil. Nessuna innovazione tecnologica, processo produttivo praticamente immutato e impatto sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori e cittadini ancora notevole. Una situazione drammatica scaturita anche da logiche capitalistiche che di fatto hanno privilegiato il profitto a discapito dell’occupazione e della salute dei lavoratori e cittadini.
Infatti, i governi che si sono susseguiti – nessuno escluso – hanno preferito chiudere accordi con la multinazionale escludendo sindacati, istituzioni e cittadinanza attiva. Nessun confronto, nessuna attenzione ai diritti umani e all’ambiente; soltanto decreti d’urgenza, slittamenti del piano ambientale e continue modifiche al piano industriale e occupazionale. A pagarne le conseguenze i lavoratori e la cittadinanza. Sarebbe finalmente ora di aprire un serio confronto sul sito produttivo di Taranto.
A questo quadro già drammatico, come se non bastasse, si devono aggiungere le difficoltà che vivono i lavoratori dell’appalto di Acciaierie d’Italia, a partire dal Dumping contrattuale che incide negativamente sulla sicurezza dei lavoratori, oltre che a generare precarietà.
La delegazione dell’UN Working Group on Business and Human Rights ha ascoltato con attenzione i temi da noi posti: ambiente, lavoro, precarietà, sicurezza sul lavoro, attenzione all’ambiente e alla salute. Questi temi li affrontiamo giornalmente nella grande fabbrica e anche per questo pensiamo che alle multinazionali, sempre più predatrici, non possono essere affidati processi di transizione ecologica.